Facebook, Twitter, Instagram hanno cambiato il nostro modo di pensare. I Social Media stanno influendo sul nostro modo di relazionarci

Social Media - Neomag.



Nell’era della ‘comunicazione a tutto spiano’, le profile pictures ‘vendono’ la forma dell’io, mentre la sostanza è ben riposta dietro cumuli di foto mai pubblicate. Ogni giorno veniamo costantemente stimolati alla ‘connessione’, alla scelta, alla preferenza, alla condivisione.

Dal primo driin della sveglia, che spegniamo per tornare a dormire, all’ultima foto postata su Instagram, nulla è affidato al caso.

Quando vaghiamo sul web le inserzioni pubblicitarie, i ‘consigli’ che ci vengono elargiti, sono tagliati su misura per noi.

Siamo figli della pubblicità comportamentale e/o basata sugli interessi che, in riferimento all’attività di navigazione sul web, permette ai brand di ‘impacchettare’ messaggi pubblicitari inviati agli utenti in conformità alle preferenze espresse. Tali annunci vengono mostrati tenendo conto della fascia demografica e degli interessi associati, contrariamente alla pubblicità contestuale, inerente al contenuto della pagina che viene visualizzata in un preciso momento.

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Quanto sono importanti i colori sui social

I colori che costantemente catturano la nostra attenzione e che ‘vestono’ i messaggi pubblicitari, hanno il compito di suscitare precise emozioni. Difatti il colore permette di incrementare il riconoscimento del brand fino all’80%, accelerare l’apprendimento e aumentare la comprensione. Inoltre gli annunci a colori sono letti il 42% in più rispetto a quelli in bianco e nero. Il colore è quindi il miglior mezzo che i marchi hanno a disposizione per veicolare i propri valori e il messaggio da trasmettere al consumatore. I migliori marchi utilizzano maggiormente il colore blu, seguito dal rosso, dal nero e solo in minima parte il giallo. Il blu, ad esempio, evoca sicurezza, rimanda al cielo, alla serenità. Per tale motivo è maggiormente utilizzato dai social network, tra i quali Facebook, Twitter, Skype.

Uno studio diffuso poco meno di un anno fa (26 agosto 2014) dal Pew Internet and American Life Project  sostiene e dimostra che sui social network esiste un condizionamento sociale delle opinioni. Le persone sono maggiormente disposte a scrivere e/o parlare di un determinato argomento se ritengono che le loro idee sul tema saranno apprezzate. Di contro, invece, anche solo il pensiero che qualcuno dei propri followers e amici possa essere in disaccordo può condurre molti alla strada dell’autocensura.

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Che cos’è l’Agenda Setting

Tale studio supporterebbe la teoria della comunicazione denominata agenda setting che ipotizza la possibile influenza dei mass media sull’audience in base alla scelta delle notizie considerate ‘notiziabili’ ed inoltre conferirebbe una svolta alla teoria della spirale del silenzio (da Elisabeth Noelle-Neumann, fondatrice, nel 1947), sostenendo che le persone con un’opinione minoritaria sono meno disposte a dire la propria. Questo studio, a detta del Professore associato alla Rutgers University, keith Hampton, indica che probabilmente gli utenti non devono neanche necessariamente sentirsi in minoranza, basta semplicemente che percepiscano una certa quantità di dissenso nelle proprie cerchie sociali.

Le nuove tecnologie ci hanno offerto la possibilità di condividere potenzialmente con il mondo intero la vasta gamma di saperi e conoscenze che riempiono il bagaglio personale e sociale di ogni singolo individuo. Appare quantomeno paradossale la tendenza ad autocensurare l’immenso patrimonio di idee che potrebbero circolare migliorando, modificando, evolvendo la nostra società.

Se proprio dobbiamo essere reperibili 24oresu24, su ogni piattaforma social esistente, sentiamoci quantomeno liberi di esercitare il diritto di dire la nostra, correndo anche il rischio di essere out, di tanto in tanto.

Le idee muovono il mondo, il silenzio lo cristallizza.