Non solo market itinerante, ma rituale pop tra streetwear design e folklore partenopeo. Due chiacchiere con i fondatori di Parthenope Market

A Napoli, il vintage ha trovato una nuova casa (itinerante). Si chiama Parthenope Market e no, non è il solito mercatino: è un luogo dove passato e presente si incontrano sotto il segno della creatività. Il simbolo? Una sirena, ovviamente. E non solo per richiamare l’identità mitica della città, ma anche per evocare quella vocazione magnetica, misteriosa e irresistibile che questo progetto ha fin dal suo esordio.

Tra vinili, camicie anni ’90, gioielli handmade e uno stile visivo che mixa nostalgia e ironia, Parthenope Market è diventato in poco tempo uno degli appuntamenti più amati e riconoscibili del panorama creativo napoletano.

Abbiamo intervistato i fondatori, Vincenzo, Tobia e Danilo, per capire cosa c’è dietro l’onda del successo e perché, oggi, seguire la sirena può voler dire trovare un modo nuovo – e molto cool – di vivere la città.

Partiamo proprio dal nome che è Parthenope Market. È un nome abbastanza evocativo e anche molto napoletano. Come e a chi di voi nasce l’idea e perché proprio questo nome?

Vincenzo: Il nome Parthenope Market nasce dal periodo che sta vivendo la città. Insomma, è ciò che più rappresenta la città di Napoli e quella che ne è l’identità. Lo stesso film di Sorrentino è stato un po’ da ispirazione per noi. Ecco perché parlavo di periodo storico, parlavo degli ultimi mesi e di tutto il calore che poi è riuscito a trascinarsi. L’idea non è nata da nessuno di noi in particolare, non sentirei di dire è nata da me piuttosto che da loro. Posso dirti che è venuta da se come idea e come nome, per tutto quello che la città stava vivendo.

In un primo momento era da organizzare alla Santissima, nei Quartieri Spagnoli, nel centro di Napoli. Quindi cosa più di Parthenope poteva identificare il nostro progetto? Poi è diventato altro.

Perchè inizialmente cosa doveva essere?

Tobia: Inizialmente noi volevamo proporre un ‘semplice’ Vintage Market napoletano. Perché? Succede che noi pensiamo e ripensiamo, e ripensiamo, ancora, a tutti i market napoletani. Senza nulla togliere anche agli altri. Volevamo creare a Napoli qualcosa di diverso, alzare un pò l’astriscella di tutto quello che è il market, sia per fascia di prezzo, sia avere dei diversivi, non fare una copia del tema. E’ vero che il tema e l’argomento era quello, però volevamo creare una piccola diversità rispetto agli altri.

Volendolo collocare a livello temporale, quando è nata l’idea?

Danilo: Diciamo che l’abbiamo messa in moto a inizio dicembre 2024, quando abbiamo iniziato a pensare di creare un market. Poi dopo, così come è nato Parthenope, siamo nati anche noi tre soci. Siamo nati da un giorno all’altro. C’è stata una sintonia, ci siamo incontrati, abbiamo fatto una chiacchierata ed un aperitivo ed è nato Parthenope market.

Tobia: Sai quando si collegano i pianeti? Io e Danilo andiamo ad una serata, subito dopo Natale, proprio alla Santissima, e incontriamo Vincenzo. Così, di botto diciamo a Vincenzo che abbiamo quest’idea e lui così, senza pensarci due volte, ci risponde: si, sentiamoci!
Proprio così eh? Di botto!

Da dicembre, quando nasce l’idea, quando è stato previsto il primo market che poi, effettivamente, avete organizzato?

Vincenzo: C‘è da fare secondo me una premessa a questa domanda. Perché il progetto nasce con entusiasmo, nasce con dei partner, nasce con dei soci, nasce con un posto e con un cuore. Poi muore. Lo abbiamo mantenuto in vita proprio noi, con il defibrillatore.
Noi dovevamo fare il primo evento alla Santisisma, ma non è stato possibile a causa di alcune problematiche della location. Noi ci siamo rimasti male, perchè avevamo richiesto la collaborazione a tutti i partner che erano entusiasti all’idea del nostro progetto, di partecipare a un nuovo Market. Perchè poi si parlava
di spettacoli che andavano dalla danza acrobatica a mostre di arte contemporanea, era insomma qualcosa di non già visto.

Però se a Dicembre è nata l’idea, considerando che siamo a Maggio, ci avete messo davvero poco a realizzare tutto!

Vincenzo: Quando noi abbiamo iniziato ad organizzare avevamo segnato come data il 4 Maggio. Proprio per darci del tempo poichè era il primo evento. Quindi volevamo una comunicazione forte, cercare di portare quanta più gente e quante più attrazioni possibili. Invece a un certo punto ci siamo resi conto che anche senza avere una location ci ritrovavamo, alla mano, una cinquantina di partner che si erano affidati a noi per per quell’evento e a un certo punto ci siamo dovuti fermare. 

Tobia: Cioè, quando noi abbiamo iniziato lo abbiamo fatto per 18 giorni contati. Dopodichè ci siamo dovuti fermare. Noi in mano avevamo quarantaquattro standisti. Ci siamo dovuti fermare perchè ci siamo accorti che c’erano ancora dei piccoli problemi che aveva la struttura dove avevamo pensato di fare il Market. Abbiamo cercato anche altri posti, però poi abbiamo detto ok, molliamo. Laciamo tutto così, restituiamo le quote che ci hanno versato e poi si vede.

Vincenzo: Ed è qui che, come ti dicevo prima, il progetto va in terapia intensiva. Allora ho pensato: noi non possiamo sprecare tutto questo!
Non per la questione economica, bensì
per la grandezza di quello che eravamo riusciti a creare. Quello doveva essere il nostro punto di partenza. 

Da qui al Market organizzato poi a Casa Azul chi fa il primo passo? Voi verso Casa Azul o Casa Azul verso di voi?

Tobia: Ti racconto come è andata. Io incontro Hugo, tra gli organizzatori di Casa Azùl, mentre sto facendo un evento con ‘Tobia‘, il mio negozio Vintage, a Chiaia. Lo incontro e lui mi chiede di Parthenope. E da lì ne iniziamo a parlare. Dico però a Hugo che, per noi, la data del 4 maggio non è possibile, è una questione d’affetto e anche di scaramanzia. Da lì abbiamo preso appuntamento anche con Alessio, sempre di Casa Azul, ed è nato il tutto.

Avete già pensato ad altre date?

Vincenzo: Si, abbiamo tante altre cose in programma. Quando abbiamo capito che non avevamo una sede ci siamo detti: Forse non tutti i mali vengono per nuocere. Avevamo gli stand, abbiamo le conoscenze e sappiamo a chi ci stiamo rivolgendo, persone con le quali ci piacerebbe avere a che fare e quindi ci piacerebbe trovare ad un aperitivo, in una serata, in una festa di piazza. Quindi abbiamo deciso che saremo noi a ricercare questi eventi. Cioè gli altri fanno gli eventi e noi portiamo il nostro Market. Un Market itinerante.

Quindi anche il pay off ‘Segui la Sirena’ arriva in un secondo momento?

Danilo: Forse, in cuor nostro, abbiamo sempre saputo che sarebbe stato itinerante. Quando è nato abbiamo subito scelto lo slogan ‘Segui la Sirena‘, lasciati incantare. Insomma, in cuor nostro lo sapevamo che in determinati periodi dell’anno lo avremmo dovuto spostare, quindi andare a creare un qualcosa, tra virgolette, itinerante. Non ce lo siamo mai detto a quattro occhi, però forse già c’era un’idea di creare una cosa del genere. 

 Secondo voi il vostro mercato vintage porta effettivamente qualcosa di innovativo? Cosa offre di più?

Tobia: Il nostro, in realtà, è un market. Fanno tutti questo un errore. Ricorre subito l’identificativo del vintage con la parola mercato. Ma quello che facciamo noi è altro.
Vincenzo: Il nostro market sarà sicuramente legato all’evento. Quindi potrai parteciparvi a Casa Azùl, alla Darsena di Pozzuoli, in una semplice campagna, ad un aperitivo, sarà sul mare. Quindi all’unità del contenuto stesso del market, molto selezionato, portiamo anche l’intrattenimento. Cerchiamo sempre di legare un po’ tutto, dal contenuto del market all’evento in cui partecipiamo.
Tobia: La nostra è una promessa fatta sia per gli standisti che per i visitatori. Noi ci mettiamo tutto, dall’amore e la passione della giornata in cui è previsto l’evento, all’impegno, e soprattutto ci mettiamo la faccia sia per impegno economico che personale. L’unica cosa che non possiamo promettere è avere un ritorno economico per lo standista. Quello dipende da lui. Questa cosa non è scontata, perché io sono stato a market dove le persone se ne fregano di te. Non conosci nemmeno gli organizzatori di quei market.
Noi aiutiamo scaricare, a caricare, ed è giusto che sia così. Siamo sempre in prima linea a dare una mano. Ti
occorre un aiuto? Io sono qui.

Avete poi intenzione di portare il fuori dalla Campania?

Tutti: Piano, piano. È una cosa che ci siamo detti e sarà fatto.

Invece quando arrivano gli standisti da voi, o meglio in questo caso quando uno standista vuole proporsi, come fate a sceglierne uno piuttosto che un altro? Cosa deve avere uno stand e soprattutto chi dice il ‘NO’?

Danilo: Diciamo che girando anche noi determinati mercati ci siamo fatti un’idea, più o meno, di quelle che sono tutte le categorie che dovrebbero farne parte. Poi dipende dall’evento in cui noi decidiamo di presentarli. Quindi, giustamente, come ha detto prima Vincenzo, se siamo sul mare andiamo a cercare più qualche brand di costumi, quelli che sono inerenti al posto in cui andiamo. Un altro step che facciamo è quello di portare qualche brand nuovo, che sia campano, napoletano o anche qualcuno di fuori, proprio per creare al cliente qualcosa di nuovo. Perché se noi andiamo a creare un market, e già ce ne sono vari a Napoli, che hanno sempre gli stessi stand, sempre gli stessi personaggi, diventa, tra virgolette, un mercato rionale che c’è ogni settimana e i prodotti sono sempre gli stessi. Invece noi cerchiamo di creare una rotazione, cerchiamo di creare un indotto di brand differenti, in modo da trovare ogni volta che viene al nostro evento qualcosa di nuovo e qualcosa di diverso.
Tobia: Noi, come diceva Danilo, non possiamo e tanto meno ci permettiamo di discriminare un nostro collega. Però, ovviamente, ti faccio un esempio. Se Vincenzo ha due brand di costumi, e noi abbiamo una location dove invece di 31, ce ne entrano 28, siamo costretti a dire di no a qualcuno.
Allora perché ti dico questo? Perché molte volte, è brutto dirlo, ma è chi arriva prima la candidatura che si assicura il posto.
Vincenzo: Alle volte un no fa anche l’interesse dello standista.
Perché noi potremmo intascare tranquillamente il compenso, potremmo dire di si, ma poi sono sicuro che in quell’ambiente o in quel giorno non venderesti una penna o un ciondolo, ma che senso avrebbe?

Un evento che vi ha fatto diresiamo sulla strada giusta’?

Danilo: Sicuramente quello a Casa Azùl. Alla fine dell’evento ci siamo guardati e abbiamo detto: che è successo?
Vincenzo: 
Io non sono d’accordo. Abbiamo iniziato ad avere consapevolezza, ed è nata anche questa sana presunzione, secondo me, dopo l’evento alla Darsena a Pozzuoli. Dopo quello eravamo tutti contenti, abbiamo lavorato bene. Secondo me lì è iniziato a nascere qualcosa in noi, tanto da dire ce la possiamo fare, siamo sulla strada giusta.

Un’altra cosa. Ad oggi molti cercano il vintage, come una sorta di moda. Secondo voi che cos’è che lo rende così unico?

Tobia: Il punto sai qual è? Non è che le persone vogliono fare tutto, le persone adesso vogliono fare quello. Vogliono fare Vintage. Capito che cosa è successo? Soprattutto in Campania. Ma non può essere così. Permettimi questa cosa, perché io credo che comunque è vero che uno si può reinventare, può partire da zero, però bisogna lasciare spazio a chi, invece, lo sa fare e lo può fare. Non perchè una cosa è, per così dire ‘alla moda’, ci si deve omologare per forza. Ovviamente è un pensiero mio, mi prendo tutte le responsabilità, ma non sto dicendo nessuna cosa cattiva. Lo sai cosa spero? Spero che possa diventare un mercato di nicchia. Perché fai due cose super positive. Una, ti arriva al 99,9% quello che veramente è interessato ad acquistare. Due, in automatico, ovviamente, quando si stringe il cerchio, l’AIP, secondo me, sale e non scende. Perché ne fai di meno, le date ne sono di meno, la gente è più invogliata.

Se doveste immaginare Parthenope tra cinque anni, dove la vedete? Ma soprattutto voi, dove vi vedete in relazione a Parthenope?

Vincenzo:  Secondo me i prossimi cinque anni sono un po’ troppi, considerando quello che, diciamo, è il tempo di nascita e di crescita del progetto. Ma mi sento di dire che siamo sulla strada giusta, ma non perché abbiamo fatto questa cosa. Siamo sulla strada giusta perché navighiamo nella stessa direzione, perché siamo affiatati, perché siamo coesi, anche quando ci dobbiamo dire a noi. Ce lo diciamo e basta.
Se ti dovessi dare una risposta, ti dico che saremo ancora qui.
Tobia:
 La cosa che voglio aggiungere, che ci aiuta e ci aiuterà sempre, è che tutti e tre abbiamo un lavoro differente da questo. Noi veramente ci mettiamo tutta la volontà e tutta la passione vera. Ma il nostro core business è esterno.
Danilo: La verità è che è una passione, vogliamo che questo progetto cresca, perché lo amiamo tanto questo progetto. 

Se ad oggi la Sirena potesse parlare, cosa direbbe? E soprattutto perché vi verrebbe a trovare al Market?

Tutti: Direbbe Avanti Tutta!
Vincenzo: Secondo me ci direbbe anche grazie. Perché è uscita fuori dagli schemi, perché la si fa conoscere, perché la rappresentiamo ovunque si fa. 

Photo Credits: Casa Azùl