McDonald’s chiude in Russia 850 ristoranti. Coca Cola e Pepsi sospendono le vendite. “Non possiamo ignorare l’inutile sofferenza umana che si sta verificando in Ucraina”.

McDonald's chiude in Russia - Neomag.

Il 31 gennaio del 1990 rappresenta il giorno in cui il primo McDonald’s aprì in Piazza Pushkin, a Mosca. Rappresentava la fine del comunismo sovietico, della guerra Fredda e l’inizio di una nuova era russa. L’annuncio che McDonald’s chiude in Russia è stato annunciato come sanzione per la guerra in Ucraina, simboleggia la fine di un lungo periodo ed il ritorno della dittatura a Mosca. Un arco temporale durato trentacinque anni che ha gradualmente accompagnato prima l’ascesa di una fragile democrazia e poi il suo inesorabile declino nell’era di Vladimir Putin.



Le chiusure in Russia

La multinazionale americana di Hamburger ha annunciato la decisione di “chiudere temporaneamente” i suoi 850 ristoranti in Russia in risposta

“alle insensate sofferenze umane causate all’Ucraina”.

L’azienda ha affermato anche che per loro è “impossibile prevedere” quando potranno riaprire, ma per il momento continuerà a retribuire i suoi 62 mila dipendenti russi.

“I nostri valori significano che non possiamo ignorare quello che accade a Kiev”, ha dichiarato l’amministratore delegato della società Chris Kempczinski.

Dopo le chiusure di brand di lusso come Chanel, Dior e Prada, e quelli per la classe media come Ikea, Netflix e Levi’s McDonald’s e Coca-Cola erano rimasti gli unici due brand occidentali ancora operativi in Russia.

Lunedì era diventato virale un tweet intitolato #BoycottMcDonalds, boicottate la McDonald’s, non solo e non tanto in Russia ovviamente quanto nel resto del mondo: 40 mila ristoranti che servono 70 milioni di clienti al giorno in oltre 100 paesi.

Mcdonald's aprì in Russia
Mcdonald's in Russia

Quando Mcdonald’s aprì in Russia

Quando il primo McDonald’s aprì a Mosca, il 31 gennaio 1990, fu un avvenimento epocale: uno dei primi marchi occidentali che sbarcava in Unione Sovietica, sinonimo del capitalismo americano. Il caos provocato dalle confuse riforme economiche di Gorbaciov aveva svuotato i negozi alimentari. I russi avevano fame. E i Big Mac erano a quell’epoca l’equivalente di una prelibatezza sconosciuta nel paese dei Soviet.

Sulla piazza Pushkin, una delle più centrali della capitale si formarono subito lunghissime code: ben presto molto più lunghe di quelle, in verità sempre più esangui, per visitare il mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa. Era l’inizio di una parziale privatizzazione dell’economia. Era l’apertura ai consumi e ai costumi occidentali. Era il preludio della fine del comunismo sovietico e del crollo dell’Urss, che sarebbe giunto in meno di due anni.

Adesso che Putin ha ripristinato il totalitarismo e la guerra fredda, la chiusura dei McDonald’s sembrerà ai russi un ritorno al passato, un passo indietro lungo più di trent’anni. Il capo del Cremlino può anche censurare le notizie sulla guerra in Ucraina, anzi vietare l’uso della parola guerra, ma non potrà nascondere al suo popolo che da domani i McDonald’s resteranno chiusi. Il segno più tangibile che qualcosa è cambiato.

Anche Starbucks e Coca Cola via dalla Russia

Via dalla Russia anche il gigante del caffè e Coca Cola. Quando la pressione sui social era cresciuta, i due colossi hanno deciso di lasciare Mosca. Starbucks ha sospeso tutte le attività, chiuso i suoi punti vendita e i suoi ristoranti. Coca Cola è stata l’ultima a decidere di andare via, ma alla fine ha ceduto: ha annunciato la sospensione di tutte le attività in Russia, specificando che “proseguirà a monitorare la situazione”.