Cos’ è una rottura se non l’accesso ad un confine altrimenti invalicabile?

In Architettura spesso la rottura equivale ad un ampliamento, un disfacimento necessario alla creazione di qualcosa di autenticamente bello che non è mai stato visto prima, la sintesi di una composizione inedita frutto della fusione tra tecnica, esperienza sensibile e immaginazione.

Così la combinazione inedita di circostanze richiede necessariamente delle regole inedite, regole che quasi sempre prendono forma nelle menti di quelle persone, che come gli artisti, conoscono perfettamente la regola e che quindi decidono di dare di traverso quel colpo di scalpello nella pietra.

E’ partendo da questi temi che la pittrice spagnola, Carmen González Castro ci racconta di come un’artista contemporaneo riesca efficacemente, grazie all’istinto, l’abilità, la cultura e un’inventiva febbrile, nell’intento di guardare al passato con un occhio nuovo.

Per lei la creatività non è altro che la naturale estensione di un emozione, quella stessa emozione che accomuna tutti gli uomini ad una bambina di dodici anni stupita dinanzi ad un quadro di Zurbarán.

 

Come si è sviluppato il tuo lavoro fino ad oggi?

Da quando ho deciso di studiare arte ho seguito un percorso eterogeneo ma molto attivo. Io provenivo dalla musica quando entrai alla facoltà di Belle Arti. Una volta terminati gli studi, ricevetti una borsa di studio per insegnare all’Università e realizzare la mia tesi di dottorato che trattava dell’uso delle sale da esposizione come oggetto artistico. La borsa mi permise di viaggiare e intervistare alcune delle figure più importanti dell’arte contemporanea poiché  lavorano proprio su questo tema, lo spazio come materiale e oggetto. E’ stata un’esperienza molto interessante che mi ha dato la possibilità di conoscere vari musei in Inghilterra e negli Stati Uniti e inoltre di approfondire la mia ricerca artistica.

L’insegnamento e gli studi mi hanno distratta dalla mia produzione che ho intrapreso nuovamente dopo tre anni. Avevo lavorato con il linguaggio dell’installazione, però terminata la mia tesi ho ripreso la pittura che era ciò che da sempre avevo desiderato fare. Insomma la mia ricerca e l’interesse per lo spazio hanno influito in maniera determinante sulla mia produzione artistica.

Ricordi il tuo primo impulso creativo, la prima volta che hai sentito la necessità di creare?

Malgrado tutto questo avesse iniziato a prender forma in modo sottile fin da piccola, grazie ad alcuni meravigliosi libri di arte che avevo in casa, fu quando vidi Zurbaran a Siviglia che ebbi la prima esperienza sensoriale con la pittura, avevo dodici anni e non lo dimenticherò mai. In quel momento decisi che anche io avrei dipinto. Dopo visitai il Museo del Prado per la prima volta e ricordo perfettamente il fremito che avvertì guardando i quadri di Goya.

Perché la tua scelta è ricaduta sulla pittura e non su altre espressioni artistiche?

La pittura è un linguaggio molto misterioso. Credo sia come il processo di rivelazione delle fotografie analogiche, quando compare magicamente un’immagine dal liquido rivelatore. Con la pittura è molto simile. Nel mio caso, siccome ho iniziato a conoscere la pittura rinascimentale, il barocco, il romanticismo, per me era la vecchia idea di una finestra aperta al mondo  e mi sembrava straordinario come si potesse ottenere una rappresentazione della realtà grazie a delle pennellate. Con il tempo avanzando nella mia formazione iniziai a conoscere altri linguaggi artistici appassionandomi a questi. Oggi l’interesse per un tipo di rappresentazione tanto ‘reale’ è passata in secondo piano anche se ammetto che ancora oggi continua a stupirmi.

Nelle tue opere ricorri spesso all’anamorfosi e a messaggi criptati, come i cerchi neri dai quali emergono i tuoi personaggi e gli organi sessuali visibili solo da una certa posizione. Si tratta di metafore o di un espediente per rappresentare in maniera più ‘accettabile’ i tabù della società?

In realtà ad interessarmi non sono i tabù, anche perché non rappresentano qualcosa di universale e spesso cambiano molto rapidamente perdendo di validità. In realtà sono due i motivi che mi inducono ad adoperare un tipo di immagine criptata.

Da un lato il tempo di lettura dell’opera che implica l’attraversamento di uno spazio. Non mi hanno mai attratta le immagini unidirezionali e istantanee, un quadro per me è bello quando può essere percorso. Per esempio, il caso delle Ninfee di Monet al Museo dell’ Orangerie, mi piace l’idea di estrarre il quadro dalla superficie e farne un oggetto distinto, come una scultura, o anche come un componimento musicale, qualcosa che necessiti di un periodo per essere letto.

Dall’altra parte, cerco di indurre lo spettatore a porsi domande no su un argomento o una storia, ma su un’immagine. Questa immagine che ti cattura perché ti è familiare e allo stesso tempo sconosciuta, come un enigma che sei sul punto di risolvere. Ciò che è celato, sottile, la lettura riflessiva a me come spettatrice risulta più entusiasmante.

Quanto, oggi, la rappresentazione del sesso continua a risultare destabilizzante?

Parlando di tabù, credo che nell’arte ci sia l’intenzione di rendere il sesso un tabù, ovvero ci sono molti artisti che ancora cercano di provocare facendolo diventare il tema principale delle loro opere, per poi fingere di non voler scandalizzare nessuno. É evidente che per molti spettatori la rappresentazione del sesso possa ancora risultare cruda e suscitare polemiche ma paradossalmente a volte è proprio questo che fa pubblicità agli artisti. Insomma scandalizzare è molto facile e per questo non c’è bisogno dell’arte.

È curioso, però, come a volte la rappresentazione possa essere più dannosa della realtà stessa, come qualcosa di quotidiano possa passare inosservato mentre questo stesso convertendosi in arte possa sconvolgerci.

Direi che nelle mie opere non c’è sesso ma piuttosto erotismo e comunque solo in alcune opere, per lo più utilizzo il nudo per la sua bellezza e per ciò che è per me in realtà metafora perfetta della pittura, la nudità.

Qual è per te la differenza tra erotismo e pornografia?

Credo che l’erotismo sia ciò che ci differenzia dal resto degli animali.

Riferendoci all’arte è impossibile parlare di pornografia, perché l’idea di rappresentazione implica un filtro molto potente, il filtro dell’artista stesso e per quanto possa definirsi arte, la pornografia rimane sempre un prodotto pensato per le masse. L’erotismo invece, pur essendo una ‘strategia’, prevede un processo di riflessione e di sofisticazione intellettuale che non intende richiamare l’attenzione di un grande pubblico.

Nella serie di disegni With the Inside Out/Con lo dentro fuera si fondono come in un danza, la confortante bellezza iconica dell’arte classica con rosee forme organiche simili a viscere. Puoi parlarmi di questo progetto?

Questo progetto nasce come seguito della mia serie di dipinti Amor profano. Le forme viscose che ho iniziato ad usare mi suggerirono l’idea di combinare la figura classica con forme del genere, che ricordassero tessuti organici. Era appena terminato un periodo durante il quale avevo dipinto molto e così ho deciso di dedicarmi ad un altro tipo di processo, più lento e riflessivo, per questo scelsi il disegno.

In questa serie, combino e fondo il nudo classico con forme che ricordano delle viscere, in modo che le figure restino inerti e inanimate, mentre le viscere palpitano inglobandole o rendendole parte di un ingranaggio.

Infine ho scelto una gamma di colori molto saturati e un tratto molto delicato per addolcire la scabrosità delle viscere.

Ambiguità e grazia possono coesistere?

Ovviamente si, se con il termine grazia intendiamo l’eleganza e la finezza. La finezza è sempre ambigua e apprezzare o meno l’eleganza sottile di un’opera è qualcosa che dipende dall’intelligenza del recettore.

Il principale nemico della creatività è il buon gusto. Concordi con Picasso?

 Non posso contestare nulla a Picasso. Non conoscevo questa citazione, però credo sia difficile comprenderla a pieno se non nel suo contesto reale, ovvero una società che viveva continui cambiamenti umani e artistici. Lui rappresenta una rottura e credo che ciò che più odiasse fosse l’idea ottocentista che i suoi contemporanei avevano del buon gusto.

Inoltre le sue opere sono il riflesso della difficile epoca in cui gli toccò vivere e la sua pittura, questa disarmonia consapevole che la caratterizza in alcuni casi, era la cosa più lontana da ciò che era e che ancora oggi è considerato ‘buon gusto’.

Secondo la Genesi, Dio crea il mondo dal nulla. Da cosa crea l’ artista?

L’artista crea da ciò che lo circonda, non è né uno sciamano né un visionario. E tantomeno oggi. L’artista crea con quello che ha a portata di mano e se non vede nulla allora è meglio che rinunci a creare.

Un’artista crea da tutto ciò che lo commuove ed è l’unica forma che permette la connessione con gli altri. Questo qualcosa che viviamo o vediamo quotidianamente e che può emergere in qualsiasi momento sotto forma di progetto artistico. Credo che emozionarsi dinanzi la bellezza delle cose ordinarie è qualcosa di comune all’essere.

Claudia Melchiorre