Bloodlines è l’ultimo capitolo di Final Destination, la saga della morte iniziata 25 anni fa. Tra splatter, ironia e morte creativa ecco la nostra recensione

ultimo capitolo di Final Destination - Neomag

A distanza di quasi 25 anni dal primo Final Destination, uscito nel 2000 e diventato in poco tempo un piccolo cult generazionale, arriva Bloodlines, il nuovo ed ultimo capitolo di Final Destination che prova a dare una chiusura (almeno per ora) a una delle saghe horror più longeve e improbabili del cinema pop.

La Trama di Bloodlines

La trama, come da manuale, non ha bisogno di troppe spiegazioni: un gruppo di giovani scampano per miracolo a un evento catastrofico e vengono eliminati, uno a uno, da una Morte che non ama essere contraddetta. Il gruppo, a differenza degli altri film, per questo film viene rappresentato da una famiglia. L’attrice più protagonista degli altri è Kaitlyn Santa Juana, qui truccata e sistemata come se avessero voluto prendere Jenna Ortega ma non avessero avuto il budget o la capacità di convincerla. In mezzo abbiamo, come per gli altri capitoli, visioni premonitrici, dettagli inquietanti e una tensione crescente che si scioglie in una catena di eventi tanto assurdi quanto perfettamente orchestrati. La formula è sempre la stessa, e Bloodlines lo sa benissimo. Funziona, anche dopo 25 anni.

Ecco perché, al contrario di altri episodi della serie che cercavano di prendersi fin troppo sul serio, qui si gioca sul filo dell’ironia nera. Il film non prova nemmeno a nascondere la sua natura splatter-trash, e anzi, la abbraccia completamente: ogni morte è uno spettacolo coreografato al millimetro, tra cringe, suspense e gusto per l’assurdo. I fan di lunga data si sentiranno a casa: tutto è più preciso, più grottesco, più “final destination” che mai.

L’autoconsapevolezza trovata nel film

Quello che sorprende, però, è l’auto-consapevolezza con cui il film si muove. Non è un capolavoro e non vuole esserlo. Non vuole cambiare le regole del gioco, ma semplicemente chiudere il cerchio con un capitolo che funziona, diverte e non si prende troppo sul serio. È come se finalmente la saga avesse capito il suo posto nel mondo: puro intrattenimento splatter, con un tocco da black comedy.

Final Destination: Bloodlines è, in definitiva, un guilty pleasure ben confezionato. Una comfort zone per chi ama i film in cui il vero protagonista è il destino beffardo e l’unico spoiler è che nessuno, mai, si salverà davvero. E forse è proprio questo il motivo per cui continua a funzionare.