Giovani viziati, famiglie disfunzionali, miliardari dal cuore d’oro: la storia dei ricchi sullo schermo è lunga e travagliata. Ripercorriamola insieme

Quella tra la Televisione e la upper class è una storia d’amore tormentata cominciata ormai tanti anni fa. Come dimenticare gli intrighi dei ricconi di Dynasty, i giovani rampolli di Beverly Hills 90210 o il tenebroso Ryan Atwood protagonista di The OC, un outsider in canottiera in lotta contro i figli di papà: nella sua storia decennale il piccolo schermo ha sempre avuto un debole per i ricchi e i loro tormenti e gli ha dedicato numerosi TV show, reality e serie TV, per provare a comprenderli, a “frugare” nei loro pensieri e mettere in scena le loro idiosincrasie da milioni di dollari.

Come in ogni storia d’amore, ahimé, dopo una lunga luna di miele sono arrivati i primi attriti e negli ultimi anni la rappresentazione del “ricco” ha subito una brusca rivoluzione. Qual è la storia dei ricchi sullo schermo nei nostri show preferiti?

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Anche i ricchi piangono

Le serie TV americane che hanno occupato il piccolo schermo dalla fine degli anni Settanta ai primi del Duemila, ci hanno raccontato i ricchi attraverso le loro interazioni con i non-benestanti. L’arrivo di un outsider in un mondo “a cinque stelle” è sempre stato l’occhio attraverso cui abbiamo sbirciato le vite dei ricchi, fatte di grandi feste, spese pazze, vizi e mondanità. Ma oltre una scorza di banconote, si nascono dei drammi umani e noi spettatori abbiamo imparato ad amare anche i personaggi più controversi proprio per la loro umanità.

Il teen drama The O.C. è forse l’esempio più emblematico: Ryan Atwood, l’adolescente violento e irascibile cresciuto in un contesto di degrado è accolto nella luccicante Orange County, abitata da ragazzi viziati, uomini potenti e ville sfarzose grandi come alberghi. Lo shock culturale tra i due mondi è ciò che porta avanti la serie almeno nella sua prima stagione: Ryan prova ad adattarsi a quell’universo sfolgorante a suon di pugni («Sai cosa mi piace dei figli di papà? Niente!») ma tra una scazzottata e l’altra il nostro eroe imbronciato, e noi con lui, capiamo che anche loro, i ricchi, nascondono dei tormenti e quelle persone che ci sembravano così lontane, in realtà, condividono le nostre stesse sofferenze. Alcolismo, crisi familiari, tradimenti e insicurezze: i rampolli statunitensi si mostrano al pubblico a cuore aperto e come potremo non amarli?

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Anche i ricchi piangono insomma, e alla fine? Il conflitto di classe dei primi episodi si spegne, il protagonista squattrinato riesce a compiere la sua scalata sociale e si diventa tutti amici, tutti innamorati, tutti felici.

The O.C. si è conclusa nel 2007 dopo 4 stagioni e con lei anche la rappresentazione di un mondo fatto di “ricchi buoni” e “ricchi cattivi”. Il lieto fine promesso all’outsider è di diventare uno di loro, di quelli buoni, mentre noi spettatori siamo solo dei curiosi che stanno a guardare.

In quello stesso anno, tuttavia, qualcosa è cambiato e nel piccolo schermo è cominciata una rivoluzione epocale che ha investito i ricchi, dentro e fuori dalla TV.

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I nuovi miliardari della TV

La crisi dei “paperoni” televisivi nel 2007, anno della crisi finanziaria che da Wall Street ha avuto riverberi in tutto il mondo, fino a insinuarsi dietro lo schermo della TV. I “ricchi buoni”, quelli con i sentimenti, non esistono più e al loro posto sfilano miliardari e mega-milionari che governano l’economia e l’intrattenimento mainstream, diventando a tutti gli effetti le nuove muse ispiratrici per rappresentare l’upper class di domani.

Ed è così che accendendo il televisore ci troviamo di fronte a tanti Elon Musk strapieni di soldi che non hanno paura di apparire strambi e clowneschi: il nuovo ricco non ha niente da dimostrare e mette in mostra sé stesso e il suo patrimonio come suo i migliori successi.

Questa nuova visione dei nababbi ha portato inevitabilmente a un cambiamento di genere degli show televisivi:dalla sit-com alla dark comedy. Non si ride più, tutto diventa satira e senza esclusione di colpi.

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Da Succession a Knives Out: la satira è servita!

Sono finiti i tempi di Gordon Gekko, di The Wolf of Wall Street, dei cowboy della finanza. Arrivano i nuovi ricchi! Nel 2015 sbarca Empire, serie tv basata su un’eccentrica famiglia della scena hip-hop newyorkese. Nel 2017 comincia Billions, incentrata sui crimini nell’alta finanza. Nel 2018 arriva Succession, serie pluripremiata che meglio incarna il distacco dalla realtà, le psicopatie e i comportamenti idiosincratici dei miliardari contemporanei (e non è un caso che sia Adam McKay il produttore esecutivo e regista del primo episodio). Ma non ci dimentichiamo di The White Lotus, satira ferocissima sui ricconi in vacanza nei resort, sbarcata nel 2021 sul piccolo schermo.

Anche sul fronte cinematografico, gli anni Duemila hanno portato un cambiamento epocale nel ritratto del ricco. Lo sforzo maggiore arriva dal regista Rian Johnson: nel 2019 e nel 2022 escono i due film della serie Knives Out, con un eccentrico detective interpretato da Daniel Craig alle prese con dei misteriosi delitti compiuti da multimiliardari. Ovviamente, tutto è satirizzato al massimo.

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Lo sguardo della servitù

Più del prestigio sociale, degli orologi, dei gioielli, delle case da sogno e delle auto di lusso, la rappresentazione del mega-ricco-contemporaneo passa attraverso la servitù. Il manager del resort della prima stagione di White Lotus incarna perfettamente il punto di vista dello spettatore, e subisce i capricci e la maleducazione degli ospiti mettendosi a loro servizio come un cameriere ubbidiente. Quando arrivano gli ospiti, questi devono essere coccolati come «bambini sensibili». Il servo non deve mai dire di no: deve essere attento a soddisfare ogni bisogno, non importa quanto sia bislacco, e anticipare ogni desiderio.

L’empatia di un tempo è finita: i ricchi non sono più i “dannati” dal cuore d’oro, che dietro la scorza dei soldi soffrono come tutti quanti. I ricchi contemporanei sono dei bambocci egoisti, privi di scrupoli, e se non sta alle regole il servo è destinato a fare una brutta fine.

Anche Marta Cabrera (Ana De Armas), infermiera del ricco scrittore di gialli di Knives Out rappresenta noi stessi dentro lo schermo e persino il cugino Greg della famiglia Roy è una vittima inconsapevole del gioco di potere, costretto a subire le angherie dei parenti pur di diventare uno di loro.

Con questo ribaltamento del rapporto ricco-povero, la dark comedy sembra l’unico modo possibile per raccontare i nuovi miliardari e non è un caso se uno dei generi “non convenzionali” più amati dal pubblico è il cosiddetto Eat the rich. Ora che l’empatia è scomparsa non resta che la dissacrazione e la vendetta.

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Eat the rich: l’altra faccia della medaglia

Nel film di Ruben Östlund, Triangle of Sadness, Palma d’oro a Cannes nel 2022, assistiamo a uno degli esempi più virtuosi dell’Eat the rich, a bordo di una nave da crociera lussuosissima. Dopo un tragico naufragio, i ricchi passeggeri e il personale di bordo finiscono tutti su un’isola delle Bermuda, dove ha origine una società sottosopra: i ruoli si ribaltano e scopriamo che i più ricchi, svuotati dal loro status, non hanno nessuna reale abilità.

Inutile negarlo, vedere i miliardari sporcarsi le mani ci provoca un piacere indescrivibile. Anche in Succession vedere i nababbi della famiglia Roy avviliti crea un effetto liberatorio e straordinariamente attraente che è difficile ignorare. Il rampollo Kendall Roy è un esempio interessante che ben rappresenta il legame del pubblico con i nuovi ricchi sullo schermo. Sconfortato dal rapporto col padre e mortificato dagli sguardi dei familiari, il giovane miliardario ci mette di fronte a un sentimento contraddittorio che ci fa traballare tra l’empatia per le sue sofferenze e il desiderio che paghi per il dolore che arreca. Lo sconforto dei mega ricchi ha un effetto catartico per il pubblico, una piccola vendetta che ci permette di annientare, almeno nella fiction, la loro supremazia e la noncuranza nei confronti deipiù poveri.

Film come Triangle of Sadness o il sudcoreano Parasite mostrano l’altra funzione dell’arte: regalarci il desiderio, la possibilità di vedere i sottomessi ribellarsi al padrone. Anche se nella prima stagione di White Lotus il servitore non ha un lieto fine.

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