Il mondo della fotografia di moda degli anni ’20 rappresentava perfettamente i nuovi equilibri mondiali che si erano creati: New York capitale del commercio globale, Parigi centro indiscutibile dell’Haute Couture. Contribuì al crearsi di questa circostanza l’influenza di Condé Nast, fermo francofilo, entusiasta di presentare ai suoi lettori provenienti dalla classe agiata americana lo stile e l’art de vivre europeo; fu per questa ragione che iniziò ad assumere un gran numero di fotografi del Vecchio Continente. Tra questi: George Hoyningen-Huene.  

Il suo nome suggerisce una chiara provenienza russa; nacque a San Pietrosburgo nel 1900, ma, a causa della Rivoluzione Russa, si trovò costretto a scappare e stabilizzarsi a Parigi. Nel 1925, aveva già fatto strada fino a diventare capo fotografo per Vogue Francia; poi nel 1929 si trasferì a New York e iniziò a lavorare per Vogue America

Hoyningen-Huene fu un artista molto influente che prese parte alle transazioni della moda di quel periodo. Introdusse un nuovo archetipo di bellezza femminile che rievocava le sculture greche, tradizionalmente considerate la più alta rappresentazione dell’eleganza e la perfezione della forma umana. Il suo ideale pre-guerra di donna era molto probabilmente nato da una voglia di riscatto contro quello che aveva visto e vissuto nel suo passato. Giochi di luce e ombra, linee geometriche, figure longilinee e morbide: tutto, dal soggetto alla composizione della fotografia, suggeriva un’influenza classica ma anche un’atmosfera quasi Surrealista; non a caso collaborò in diverse occasioni con Elsa Schiaparelli. Le sue fotografie davano precedenza alle atmosfere, ai volti e ai corpi, piuttosto che alle creazioni dei designer. Per questo motivo nel 1939 si trovò coinvolto in una discussione nata da Edna Woolman Chase, allora caporedattrice di Vogue America, la quale si lamentava del fatto che i suoi fotografi non mettessero abbastanza in risalto gli abiti, le pieghe ed il modo in cui i tessuti cadevano sul corpo:

“Concentrate completely on showing the dress, light it for this purpose, and if that can’t be done with art, then art be damned. Show the dress./ Concentratevi completamente sul mettere in risalto l’abito, illuminatelo a questo scopo, e se ciò non può esser fatto con arte, beh che l’arte sia dannata. Mostrate il vestito “.  

L’amore per la classicità, i corpi, come sculture, muscolosi e ben disegnati, il fascino della cultura dell’antica Grecia, lo avvicinò inevitabilmente a Madeleine Vionnet, che con il raso, lo chiffon ed i tessuti morbidi che si avvolgevano attorno al corpo della donna ad esaltarne dolcemente le curve, rendevano la forma femminile simile a una Nike moderna:

“… i suoi abiti erano costruiti come perfette architetture ”

George Hoyningen-Huene.  

“Huene aveva una visione di un remoto ed elusivo ideale di donna, che lui percepiva ritratto perfettamente dalla serenità che suggeriva la scultura greca neoclassica. Nelle sue immagini più caratteristiche c’è un senso di statica monumentalità […], un’irresistibile immagine a cui le donne aspiravano, indossando abiti come quelli fotografati.”

John Esten.  

Emma Gambardella